Alla vigilia di Natale del 1906 da Brant Rock, nel Massachusetts, fu trasmessa a centinaia di chilometri di distanza la prima trasmissione radiofonica: due brani musicali accompagnati da un breve discorso. Per la prima volta il sistema realizzato una decina d'anni prima da Guglielmo Marconi (1874-1937),
(clicca per visualizzare lo schema)
consistente nella trasmissione di impulsi elettrici da un circuito all'altro per mezzo di una particolare forma di energia raggiante, le onde radio, veniva utilizzato per qualcosa di diverso dalle comunicazioni telegrafiche.
A mettere a punto la
nuova tecnica era stato il fisico americano-canadese Reginald A. Fessenden (1866-1932). La radio riscontrò un immediato successo
presso il pubblico. Basti pensare che nella sola Europa, nel 1938, gli abbonati
alla radio erano più di 30 milioni.
Le onde radio (o
radioonde) sono onde elettromagnetiche di frequenza compresa fra 3000 e 3000
miliardi di hertz, di diversa lunghezza d'onda, misurata in metri, in centimetri
e/o in chilometri . La
frequenza è la grandezza fisica che descrive quante volte l'onda si ripete con le
stesse caratteristiche nell'unità di tempo e viene misurata in hertz (Hz) in
onore del pioniere tedesco della radio Heinrich R. Hertz
(1857-1894), che nel 1886 dimostrò la possibilità di trasmettere segnali
elettrici per mezzo di onde elettromagnetiche.
Nel vuoto le onde radio
viaggiano, come tutte le altre onde elettromagnetiche, alla velocità della luce
(300.000 km/s); per questa loro caratteristica sono impiegate non solo nelle
trasmissioni radiofoniche, ma anche per comunicare attraverso il telefono , per diffondere i segnali audio e video che
arrivano al televisore , per localizzare oggetti mediante il radar e più in
generale per le radiocomunicazioni. In tutti questi casi sono apparecchi
costruiti dall'uomo a emettere radioonde, ma energia di questo tipo viene
irradiata nello spazio ogni volta che c'è un sistema di cariche elettriche in
movimento: silenziosi e invisibili messaggi si diffondono a grandissima distanza
dalle sorgenti più disparate e possono essere captati disponendo di ricevitori
adeguati.
Un tipico sistema di radiodiffusione si compone di due elementi principali: un trasmettitore e un ricevitore.
Il trasmettitore, dopo
aver convertito le onde sonore in segnali elettrici, genera un'onda radio, detta
"portante", di frequenza e ampiezza costante in grado di trasportare vibrazioni
di frequenza e ampiezza variabili. L'onda portante viene amplificata e inoltrata
via cavo al ricevitore costituito da un'antenna , un congegno in grado di
captare le onde elettromagnetiche e da un rilevatore, cioè un dispositivo capace
di trasformare nuovamente gli impulsi elettrici in onde sonore percepibili
dall'orecchio umano (o in onde luminose visibili nel caso della televisione).
Per captare le onde radio, l'antenna deve essere sintonizzata sulla giusta banda di frequenze. Quando si cerca di sintonizzare la radio sul programma prescelto, in pratica non si fa altro che alterare le caratteristiche elettroniche di un circuito per fare sì che questo lasci passare solo le onde della frequenza desiderata.
Il modo in cui i segnali elettrici possono modulare o modificare l'onda radio
portante sono due: la modulazione di ampiezza (AM) e la modulazione di frequenza
(FM).
I segnali AM sono più soggetti a interferenze elettriche, che producono nei radioricevitori dei fastidiosi rumori, le cosiddette scariche; i segnali in FM, invece, ne sono esenti, ma possono essere trasmessi solo in linea retta, fino all'orizzonte, e quindi sono usati per radiodiffusioni a breve distanza.
La modulazione di ampiezza viene impiegata di solito per le trasmissioni radio sulle lunghe distanze, utilizzando lunghezze d'onda comprese tra 1000 e 2000 m. Queste onde possono propagarsi per migliaia di chilometri dal punto di origine perché vengono riflesse dalla ionosfera (una regione dell'atmosfera situata a circa 130-160 km dalla superficie della Terra) e perciò percorrono grandi distanze continuando a rimbalzare dalla ionosfera al suolo e viceversa. I segnali in AM sono diffusi in tre bande d'onda: onde lunghe (l =1000-2000 m), medie (l =187-577 m) e corte (l =10-100 m); queste ultime si riflettono meglio di notte e si usano per le grandi distanze.
Le bande di FM comprendono invece: onde ultracorte molto alte (VHF, dall'inglese Very High Frequency) di frequenza compresa tra i 30 e i 300 MHz, usate, tra gli altri, dai radioamatori, dalle radio private e dai servizi (polizia, aeroporti, taxi, ecc.); microonde ultra alte (UHF, Ultra High Frequency ) adoperate, ad esempio, per la televisione; microonde a frequenze superalte (SHF, Super High Frequency) usate, tra l'altro, nei ponti radio o dai satelliti.
Il rumore di fondo è uno dei principali problemi di tutti gli apparecchi radioricevitori, e non sempre può essere eliminato.
La maggior parte dei disturbi è rappresentata dalle onde radio generate dalle perturbazioni atmosferiche, che sono in grado di viaggiare per centinaia di chilometri con un'attenuazione relativamente piccola.
Un'altra fondamentale sorgente di rumori di fondo è determinata dall'agitazione termica degli elettroni che, in ogni conduttore a una temperatura superiore allo zero assoluto, si muovono in modo casuale dando origine a correnti elettriche.
Alcune importanti applicazioni delle onde radio hanno avuto inizio proprio dall'indagine sui disturbi alle radioricezioni.
Alcuni di questi hanno un'origine extraterrestre, come intuito da Guglielmo Marconi nel 1916 e scientificamente dimostrato dall'ingegnere statunitense Karl Jansky (1905-1950) sedici anni più tardi, nel 1932.
Tutte le stelle emettono infatti radioonde, e tra queste lo stesso Sole, importante per la sua estrema vicinanza alla Terra.