1965: EVENTI IN ORDINE CRONOLOGICO

 

11 GENNAIO - Vacante l'incarico del ministero degli esteri, dopo l'avvenuta elezione di Saragat; a succedergli nel dicastero viene nominato MARIO TANASSI.

 

14 GENNAIO - Con i primi contraccolpi di una industria in crisi, arriva la mano pubblica per il salvataggio di imprese dissestate. Sono quelle che dopo aver fatto gli investimenti nel momento più sbagliato, credendo che il "miracolo" continuasse all'infinito si sono ritrovate in piena recessione. Sono indebitate fino al collo con le banche, e in più non vendono quei prodotti opulenti dove tutti avevano scommesso negli scorsi anni. La crisi infatti tocca tutti, con l'eccezione dei Pirelli e degli Agnelli. Gli altri difettano non solo di mediocrità ma rispetto al dinamismo sono inadeguati al sistema economico imposto dagli eventi, sono ancora provinciali, non hanno reinvestito, non hanno fatto concentrazioni "alla Cuccia" e sono apatici ai segnali che vengono da anni dagli altri Paesi.

 

Anzi si lanciano in costose avventure (es. la chimica) con alcuni avventurieri sempre di più con l'abitudine di ricorrere al reddito fisso e ai finanziamenti pubblici. è l'inizio dell'intreccio tra affari e politica; fiorisce l'economia sovvenzionata dove tutte le emissioni devono essere autorizzate dal governo. Nascono così i baratti, "tu dai a me io poi darò a te".

 

Nasce, o meglio si rispolvera l'IMI, con un fondo speciale per la concessione di crediti, mutui, sconti bancari alle azienda in sofferenza. Qualche azienda si salva, altre entrano in un grosso calderone alla mercè degli avvoltoi che seduti davanti ai cancelli aspettano il tracollo per fare abbondanti pasti con poco sforzo di capitali e di energie.

Sta proprio quest'anno nascendo l'"era dei boiardi", l'epoca di una fase caotica e convulsa, dentro quelle che erano state, e che avrebbero potuto diventare, in questi anni le migliori società industriali.

 

1 FEBBRAIO - Nonostante le paure, le incertezze, la fuga all'estero dei capitali di chi alle prime avvisaglie si era subito defilato con le valige piene di soldi valicando Chiasso o Ventimiglia; con i salvataggi (questi ancora tangibili e seri) di alcune industrie, con alcuni interventi correttivi del governo, si sono limitati gli effetti catastrofici dell'economia del Paese, si è riusciti a contenere la congiuntura e si è riusciti anche a salvare la moneta, tanto da prendere in questo giorno l'Oscar.

 

14 FEBBRAIO - Addio emigranti italiani in Svizzera. Lo Stato Elvetico chiude le frontiere. La Svizzera è presa dalla xenofobia. Si viene arrestati se non si ha un permesso che viene rilasciato solo se si ha una abitazione e una richiesta o una dichiarazione del datore di lavoro svizzero.

L'Italia che ce l'aveva questa legge, l'ha abrogata solo due anni fa, gli altri invece la promulgano. Giunte all'improvviso le nuove norme, la frontiera si trasforma in pochi giorni in un girone dantesco. Tutti gli espulsi vengono accompagnati alla frontiera con il foglio di via e abbandonati oltre la sbarra, dove i malcapitati non sapendo dove andare bivaccano e dormono nei prati senza nessun assistenza, interventi, delle autorità italiane, all'aperto in un gelido febbraio. Sono migliaia e migliaia di emigranti presi alla sprovvista, e la scena è infernale, umiliante e disumana, e durerà giorni e giorni.

 

5 MARZO - Ad Amintore Fanfani, messo da parte per favorire Saragat nello scorso dicembre per la corsa al Quirinale, gli viene dato (come contentino) proprio il dicastero che ricopriva il presidente della Repubblica, quello degli Esteri. Di prestigio, ma poco influente sulla politica economica italiana, anche se la situazione mondiale porta a diverse atteggiamenti di alcuni nostri governanti  per quanto riguarda l'intervento degli americani in Vietnam. Alcune stesse correnti cattoliche della maggioranza si schierano contro la politica estera del governo (filoamericana) e creeranno verso la fine dell'anno anche un "caso" per le due diverse linee di condotta sull'ammissione della Cina all'ONU e sull'intervento americano.

 

11 MARZO - Vengono emanati con la legge n. 123 i provvedimenti per i finanziamenti straordinari alle aziende in sofferenza: sono fondi speciali per le aziende i cui livelli di occupazione sono stati compromessi dalla crisi. L'IMI ha una grossa facoltà,

A)   Assumere partecipazioni a società;

B)    Costituire o concorrere a costituire nuove società;

C)    ma soprattutto concedere finanziamenti ad A e B.

Ma la scelta a chi è demandata ?

Se alla precedente legge (la n. 623 emanata nel 1959) gli "aiuti" erano riservati alle piccole e medie imprese con capitali autonomi senza però specificare la quantità di capitale (quindi anche un artigiano vi poteva accedere per costruire la sua azienda) con questa nuova legge si specifica che gli aiuti andranno a quelle aziende che hanno un capitale investito non superiore ai sei miliardi, e che possono essere finanziate - se nuove - fino a 500 milioni.  

Sembra fatta apposta la legge per escludere le grandi aziende e favorire le piccole, invece è il contrario, le grandi costituiscono diverse società con un capitale di poco inferiore ai sei miliardi e sono quindi queste a fare man bassa dei finanziamenti.

Alcune aziende (e già questo è un altro grosso vantaggio) decentrano la loro produzione nelle aziende subalterne "satelliti" (scompongono il ciclo produttivo, quindi con meno rivendicazioni dei sindacati - dove questi sembrano attenti solo al proletariato delle grandi fabbriche) mentre altre aziende sono solo dei veri e propri paraventi solo per ottenere gli incentivi, i finanziamenti e lo sgravio dagli oneri sociali.

 

I due punti sopra, A e B, che permettono di creare una miriade di aziende private o a partecipazione statale sull'intero territorio, sembrano provvedimenti emanati esclusivamente per intenti elettorali. Ogni pratica passa dal referente locale del partito di maggioranza, e se si traccia una cartina geografica degli uomini politici più influenti di questo periodo (o meglio la loro corrente) scopriamo che tali incentivi hanno preso una ben precisa direzione geografica.

Le banche (incaricate a erogare contributi) tutte confessionali (il 90% delle Casse di Risparmio sono i mano alla DC, quelle venete cattoliche lo sono al 100%) sono quelle che provvedono all'erogazione dei finanziamenti e sono queste che vanno a permettere la creazione della "Terza Italia", quell'"economia periferica" che non nasce solo per la laboriosità della gente del territorio, ma nasce per l'abbondanza e il dirottamento di questi finanziamenti clientelari (laboriosi si diventa se si hanno i soldi, perchè se fosse stato un fatto genetico il fenomeno Nord Est sarebbe nato prima e non dopo Rumor).

Invece ancora nel 1964 (per citare solo l'anno più vicino a questo 1965 (prima era ancora peggio) nel reddito italiano complessivo il Veneto è inferiore del 5% (7,40) alla media nazionale, di due terzi a quello della Lombardia (21,22), e di poco superiore alla meridionale Campania (6,50).

Per le aziende che risultano improduttive o sbagliate come tipologia (tanto cosa importa) niente paura, ci sono gli interventi delle partecipazioni statali, dove basta che il management (tipo Cefis) di una grande azienda permetta a quella di lavorare o non lavorare per, farla o decollare o fallire, e in questo ultimo caso poi venderla per quattro soldi (non è difficile indovinare a chi) a chi sa, dopo, come farla nuovamente decollare dandogli le commesse delle aziende a partecipazione statale.

Il gioco è semplice, e facciamo un piccolo esempio: se a un piccolo produttore gli viene data la concessione a rifornire tutte le mense delle aziende statali, dopo un mese il suo fatturato è pari a quello della Cirio. A sua volta se alla Cirio le vengono tolte (per ovvi motivi) tutte le mense che fornisce, va sul lastrico e fagocitarla diventa un gioco da ragazzi. (Alla Montedison, proprio con Cefis, questo modo di fare diventerà un "arte" sopraffina).

Non per nulla che in questi fatidici anni '60 le imprese a partecipazione statale riescono a manovrare così bene che conoscono un incremento nell'occupazione di circa il 60%. E se il politico si avvale delle aziende (dal dirigente all'ultimo operaio raccomandato) per creare il suo immenso potere personale (le tessere - quelle che contano nelle varie correnti che formano poi i governi), le aziende si avvalgono dei padrinaggi di partito per diventare forti, talmente così forti che alla fine condizioneranno esse stesse il padrino, con tutti gli effetti devastanti del fenomeno.

In alcuni casi la produttività, l'efficienza, e la redditività delle imprese quasi non interessano più, c'è sempre a disposizione un "salvataggio", un "finanziamento" ad hoc, e come riconoscenza un contenitore di maestranze beneficiate che all'occorrenza sono molti utili ai fini elettorali. Inizia cioè il parassitismo. Si è partiti con l'intenzione di finanziare con i soldi pubblici le imprese, alla fine saranno le imprese a finanziare con i soldi pubblici i partiti.

 

15 MARZO - Nell'intento di ridare piena occupazione ai settori andati in crisi con la recessione, si vara un altro decreto sull'economia per favorire l'occupazione promuovendo grandi opere pubbliche, fiscalizzando oneri sociali nelle nuove aziende, e dando forti agevolazioni anche nel campo edilizio. Nascono così le cooperative, le società immobiliari dal nulla, le Carovane (una specie di caporalato) e i gruppi immobiliari.

 

10 APRILE - Viene inaugurato uno dei più grandi impianti siderurgici d'Europa. è quello di Taranto. A tagliare il nastro è il Presidente della Repubblica Saragat. L'impianto entra in funzione con una produzione annua di 2,5 milioni di tonnellate di acciaio.

L'unico inconveniente è che si apre quando si è chiusa una fase ottimistica. Comunque nonostante i venti contrari, fra il '66 e il '68 la produttività riprenderà a salire con un nuovo ritmo, ma sarà lenta, e con una ripresa solo passeggera. Troppi gli sprechi, gli investimenti nelle "cattedrali nel deserto", e in fortissimo aumento il parassitismo mirato ai fini elettorali.

Nasce il diffuso assistenzialismo nelle sacche povere del Paese. Erano in molti a temere che se si dava troppo benessere, la sicurezza economica, il piacere del possesso delle cose, gli idoli del consumismo, la divinità denaro, le popolazioni avrebbero cambiato anche ideologia. Come diceva Pasolini, "raggiunti certi stadi di benessere, la gente non sa più cosa farsene della Chiesa, della Famiglia e della Cultura", perde alcuni valori, si sente "Autosufficiente" con l'A maiuscola, e ha l'impressione di avere il potere e potersi scegliere da solo il proprio destino.

(basterebbe ancora l'esempio del Nord Est anni '90: territorio che ha accarezzato la balena bianca della DC per una generazione, poi esploso il "fenomeno" del benessere, ha ributtato a mare la balena, ha fatto a pezzi le ideologie cattoliche; è diventata metà leghista e l'altra metà rossa; un matrimonio su quattro va subito a rotoli; ha smesso di fare figli; e quei pochi messi al mondo molti hanno già deciso di non più proseguire gli studi perché vogliono fare come i padri, subito a "fare gli schei", a fare soldi. E mirano ora perfino all'indipendenza, al distacco dal resto del Paese).

 

22 APRILE - Dopo che al VI Congresso della CGIL il 5 aprile a Bologna la corrente socialista e comunista hanno dato giudizi diversi sulla programmazione economica del governo Moro; al Congresso la CISL si dichiara disposta a sostenerlo, ma respinge ogni ipotesi di blocco salariale.

 

21 MAGGIO - Gli interventi finanziari al meridione, quelli che erano stati chiamati fondi della "cassa del mezzogiorno", aiuti che dovevano terminare quest'anno, con una nuova legge viene riproposta per altri quindici anni, fino al 1980. Altro colpo da maestro. Sono interventi che più avanti ne vedremo la destinazione e anche la prassi per distribuirli e come fare per riceverli.

 

La valorizzazione della produzione agricola, il miglioramento delle condizioni ambientali, il decollo di nuovi nuclei industriali e il rafforzamento di quelli esistenti, insomma tutte queste opere straordinarie di pubblico interesse avrebbero dovuto favorire lo sviluppo economico del Sud, ma furono aleatorie, si arenarono in partenza.

 

Risulteranno alla fine solo dei massicci interventi in piccoli territori e fra l'altro vanificati per il troppo sperpero di denaro pubblico ai fini assistenziali, soprattutto clientelare, o servirono ad alcune (molte) fabbriche del Nord a creare virtuali strutture nel Sud per ottenere i benefici di legge, gli incentivi, attingere all'erogazione di denari a fondo perduto, per poi ritornarsene al Nord dopo aver lasciato sul posto la sede legale che virtualmente gestiva anche quella settentrionale con la relativa defiscalizzazione degli oneri sociali sull'organico di quella che in precedenza nel nord era la sede casa madre. Insomma si crearono giochi di prestigio, del tipo "tre carte", sono quì sono là, e dove mai l'azienda sarà.

 

Ma si sa dove erano gli uffici. La sede "giù" con quattro impiegati, ed il management e migliaia di dipendenti "su". Però tutti iscritti  negli uffici di collocamento e Inps del Sud per imbrogliare le carte e le statistiche .

 

3 GIUGNO - Una industria che tira in questi anni è quella del cinema. Anche a questo importante settore vengono riservati aiuti governativi mirati a favorire produzioni con  indirizzo ideologico speculare a quello della maggioranza. La produzione a Cinecittà è comunque in piena salute. La media è di 2-300 film all'anno e procurano nelle sale circa 700.000.000 di biglietti all'anno (il record fu di 820 milioni nel 1950, mentre negli anni '90 la media annua scenderà a circa 80 milioni)

 

Film belli, film impegnati, film qualunquisti, film di evasione (iniziano i Western all'Italiana), ma anche molti film boccacceschi detti all'italiana, film che ironizzano alcuni aspetti della dura vita quotidiana, e molti film anche "volgarotti" che alcuni produttori sfruttano ai fini della speculazione commerciale, naturalmente (perché nelle sale vanno anche questi film nazionalpopolari) mettendoci un pizzico della tematica sessuale ma che alle volte sono cosi casti da risultare molto meno volgari delle procaci penose attrici oche che vi recitano.

Proprio nel varare gli aiuti a questo importante settore, scoppia la polemica alla Camera. Il democristiano (non poteva essere diversamente) Zaccagnini, vorrebbe escludere dagli aiuti le produzioni che abbiamo elencate per ultime "per il rispetto dei principi etico sociali". Tira fuori insomma parole grosse per dei piccoli topolini che al massimo rodono solo le pruderie di qualche italiano immaturo.

 

Divampano le polemiche sui "pregiudizi della libera espressione". Afferma qualcuno che "si comincia con questi metodi poi si arriva alla "discriminazione ideologica". Lo si ipotizza ma in effetti è lì che si vuole mirare e colpire. Film come Mani sulla città danno fastidio, Pasolini con Mamma Roma o con Il Vangelo è un perturbatore di coscienze; Fellini con La dolce vita ha calunniato l'intera città di Roma, la sua popolazione, e offeso la capitale del cattolicesimo; Ferreri con Ape regina, Antonioni con Eclisse, riflettono alcune situazioni che non bisognava portare sullo schermo, c'è il rischio di fare nuovi seguaci dell'edonismo, si amplifica il malessere della borghesia, si rischia di promuovere l'identificazione in questo "malessere delle coscienze" che alcuni avvertono come un’era di Sodoma e Gomorra. Malesseri che minano la famiglia, le istituzioni, i solidi principi della morale e della religione. Si afferma dai pulpiti che si mettono troppo in piazza i temi sociali scabrosi, quelli scottanti, quelli esistenziali, quelli del dissenso cattolico, quelli antimilitaristi: "Creano disagi nella coscienza del cristiano, del patriota e dell'uomo virtuoso".

 

Con questi ambigui pregiudizi cavillosi, trovare qualcosa da censurare (accumulandoli a quelli di bassa macelleria) in un film di Pasolini, Ferreri, Fellini ecc. non è difficile. E se prima venivano solo bollati i film con "esclusi dalla visione", ora li vogliono bollare con  "esclusi dagli aiuti". (a “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti negano perfino le riprese esterne all'idroscalo di Milano; non basta nemmeno pagare di tasca propria, non arriva l'autorizzazione. Bolognini regista e Gina Lollobrigida attrice con “Le bambole” si prenderanno pure due mesi di reclusione).

 

Ci sono dunque polemiche nella maggioranza fra DC e PSI, e forti attacchi dall'opposizione. La maggioranza giunge ad un accordo. I provvedimenti vengono varati il 24 giugno con 271  si e 30 no. Ma tutti gli altri (compreso il PSIUP) abbandonano l'aula. Nasce così la Legge sul Cinema, costata cara alle nuove espressioni, che in seguito a questa scompaiono.

 

5 GIUGNO - Acque agitate nel PCI. Forte dissenso con esiti clamorosi. Al Comitato alcune relazioni sono il pretesto per far spaccare il partito nelle due correnti di destra di AMENDOLA, e di sinistra, dove troviamo ACHILLE OCCHETTO unito a COPPOLA, MILANI, LUIGI PINTOR.

 

24 GIUGNO - Scoppia  il primo caso giudiziario per illecito finanziamento di un partito. Un illecito nel malgoverno, e gli italiani sono impotenti; d'ora in avanti si dovranno quasi rassegnare. Per farlo finire questo "fenomeno che sta diffondendosi ora", dovranno attendere la rottura di certi equilibri all'interno dei partiti e la relativa faida politica, e non solo per merito della magistratura, ma perché le grandi aziende con l'aggiuntivo costo delle tangenti si ritroveranno escluse dalla competizione europea, i cui concorrenti non pagano questa (in alcuni casi pesante) "tassa", e nei primi anni '90 decideranno di ribellarsi.

 

Il caso giudiziario del 1965 9 è legato allo scandalo dei tabacchi. Il ministro delle Finanze (DC) in carica finisce "sotto inchiesta per contrabbando di tabacchi, peculato e interesse privato" (dalla Raccolta dei Comunicati dell'Agenzia Ansa - Sergio Lepri, Mezzo secolo della nostra vita).

L'accusa al ministro è quella di aver favorito due suoi amici (ex deputati DC) per la concessione della licenza di importazione dei tabacchi, un monopolio che procura ingenti profitti. Scatta anche l'accusa penale di abuso di poteri d'ufficio. Il fatto è grave e deve essere portato davanti alla corte Costituzionale. Si riuniscono le due Camere per l'autorizzazione a procedere.

 

GIUSEPPE TRABUCCHI, è lui il ministro in causa, si difende: "era solo un illecito finanziamento per il partito". Con questa singolare giustificativa affermazione (che sentiremo molto spesso negli anni '90) i suoi colleghi (dove chi più chi meno sta appena iniziando a spartirsi qualcosa per finanziare le rispettive correnti - e la politica purtroppo costa!) gli evitano la messa in stato di accusa. 476 votano a non doversi procedere e 461 sono contrari.

è il primo avallo a quel sistema di finanziamento illecito dei partiti. Nella Tangentopoli del 1992, Craxi dirà, "i soldi? li prendevano tutti".

Trabucchi finirà la sua carriera politica, ma non va davanti alla Corte Costituzionale. La corporazione è salva, gli "amici" sono solidali. D'ora in avanti ci si darà una mano, ma poi qualcuno si prenderà anche il braccio. Ha inizio la "dazione ambientale", che volerà sempre più in alto, impunemente. E qualcuno stava certamente e arrogantemente pensando "Siamo intoccabili, ci è permesso tutto".

Escludendo lui, aveva quasi ragione, infatti i processi di Tangentopoli termineranno come i responsabili del disastro del Vajont (15 luglio) con molte assoluzioni degli imputati.

 

28 GIUGNO - Primo dissidio nel Parlamento della Comunità Europea. La Francia respinge certi regolamenti che in alcuni settori, come quello dell'agricoltura, penalizza la sua economia. La Francia – a differenza dell'Italia (vera cenerentola agricola della Comunità) ha un'agricoltura meccanizzata, efficiente, razionale, altamente produttiva, molto al disopra del suo fabbisogno interno. In dieci anni è aumentata del 40% e l'incremento ha mantenuto un ritmo del 5,4% all'anno, superiore persino a quello di alcuni settori industriali. Una produzione rivelatasi molto utile per le sue esportazioni. Ma le norme comunitarie fissano delle quote che la porterebbe a dover ridurre i quantitativi. Ma la Francia non si piega a questo diktat. Il rappresentante francese alla conferenza non accetta dalla Comunità questi poteri sui regolamenti agricoli, si alza dal banco del Parlamento Europeo e abbandona la sessione mettendo in crisi il funzionamento dello stesso Parlamento.

De Gaulle ha dato disposizioni precise al suo rappresentante,  e la crisi si estende, per ripicca, anche nei normali altri rapporti di import export. A farne le spese è anche l'Italia in alcuni settori dove è carente, come l'alimentazione. Ma rimandiamo il tutto di diciassette giorni. Infatti il.......

 

15 LUGLIO   - ... in un clima di politica estera gelido come i bianchi ghiacciai del Monte Bianco i due Presidenti della Repubblica DE GAULLE e SARAGAT inaugurano la Galleria del Traforo omonimo (km 11,6) che unisce Francia e Italia. L'incontro dura solo quindici minuti, con un altrettanto gelido sorriso di circostanza sulle labbra. L'opera che doveva servire ai grandi scambi commerciali, per molti anni rimase solo un budello per far passare la bile di entrambi i due Paesi.

DE GAULLE ha fatto solo il suo atto di presenza di pochi minuti, ma i francesi con il loro forte nazionalismo la galleria la snobberanno per anni. All'Italia serviva per le esportazioni a basso costo - che i francesi in quelle circostanze per un pò di tempo avevano acquistato  mentre  nel frattempo si rivolgevano ad altri settori più strutturali e meno opulenti, poi, entrati nell'efficienza produttiva quantitativa, i prodotti italiani li snobbarono, perché ormai potevano produrseli da soli.

In Italia era in programma, finita la Galleria, la immediata costruzione della bretella autostradale di Quincinetto che doveva collegare rapidamente la Torino-Milano al Traforo, ma rimarrà sulla carta per anni e anni, e solo ultimamente in questo fine Duemila si sta portando a compimento l'opera. Cioè 35 anni per fare un'autostrada di 35 chilometri o poco più.

 

30 AGOSTO - Non si è ancora spento lo sdegno della chiusura delle frontiere con la Svizzera, è ancora fresco nella memoria il ricordo della penosa scena del 14 febbraio (vedi), ed ecco che in questo giorno, i colleghi di quegli emigranti che hanno contribuito al benessere del territorio elvetico, offrendosi per i lavori più umili e faticosi, muoiono in 53 sotto una valanga di un cantiere idroelettrico di Mattmark. Una tragedia tutta italiana, che mette in luce sui giornali i sacrifici di tanti connazionali che vivono in condizioni non solo disagiate ma anche senza le dovute sicurezze sul lavoro, e che fa apparire l'ondata xenofoba elvetica ancora più ingrata.

 

21 SETTEMBRE - AMINTORE FANFANI, già ministro degli Esteri, all'assemblea generale dell'ONU viene eletto Presidente quasi all'unanimità, 110 voti su 114. La statura politica di Fanfani (che è piuttosto basso fisicamente) come capacità di mediazione sulla politica estera mondiale, viene ampiamente riconosciuta.

Tali capacità vennero già apprezzate da Kruscev per una soluzione pacifica con l'ostinato KENNEDY, soluzione che, se accettata fin dall'inizio,  avrebbe evitato l'inasprimento nella guerra fredda e il vergognoso Muro di Berlino. Non fu ascoltato: Kennedy era circondato da cattivi consiglieri; a Cuba, a Berlino… in più, tanto per gradire, lasciò in eredità anche il "pasticcio" Vietnam.

A dicembre, Fanfani promuove, presso  JOHNSON,  un’ipotesi di soluzione anche per la guerra in Vietnam, che prevede l’istituzione di un tavolo negoziale tra Ho Chi Min e gli Usa.  Non viene presa in considerazione.

 

4 OTTOBRE - Sono altrettanto buone le intenzioni del Capo spirituale della Chiesa Cattolica. Papa PAOLO VI si reca all'Assemblea Generale dell'ONU. Interviene  presentandosi non come uno statista, ma come un "esperto di umanità". Diffonde un accorato appello " mai più guerre nel mondo". "Siamo un Popolo di Dio, occorre cooperazione, volontà di pace, negazione alla violenza, favorire l'indipendenza ai popoli che hanno sofferto e che vogliono la loro libertà". Sembra chiaro il riferimento al Vietnam. Ma anche qui è tutto vano.

 

Gli Stati Uniti, dopo lo sproporzionato bombardamento iniziato l’anno prima con l'incidente al Golfo del Tonchino, sono nella fase di escalation nella guerra in Asia, e stanno mobilitando ingenti forze per il Vietnam. 360.000 giovani americani proprio in questo mese stanno partendo per questa  guerra che nessuno vorrebbe fare (vedremo dopo come aggireranno questo ostacolo).

Hanno innescato gli Usa in febbraio e marzo una delle più inutili guerre del secolo (alla fine, dopo dieci anni di stragi, verrà considerata una delle più vergognose). Fin da questi primi micidiali bombardamenti, sta solo provocando sdegno e biasimo in tutto il mondo, ivi compresa una parte della stessa popolazione americana, dove in molte città avvengono le prime manifestazioni pacifiste, non ancora oceaniche, anche perché coloro che le fanno rischiano di essere accusate di antipatriottismo.

Ma quando le bare cominceranno a ritornare ogni giorno dal Vietnam sempre più numerose, per una guerra dove sempre di più l'opinione pubblica non trova nessuna motivazione, nè alcuna relazione al patriottismo, e dove non sembra proprio esserci in gioco la sicurezza della nazione, ma vedranno solo morire i loro cari (50.000) senza nessun successo militare nonostante l'alta tecnologia impiegata, le file dei pacifisti si ingrosseranno anche con quelli che erano stati inizialmente ottimisti o neutralisti.

Oltre che a subire i morti l'America si stava giocando tutta la sua credibilità all'interno e il suo prestigio all'esterno.

 

Nella storia degli Stati Uniti, la guerra del Vietnam ha costituito un qualcosa di unico: impopolare sia in patria che nel resto del mondo. Fu combattuta ininterrottamente contro un nemico diabolico e con un nazionalismo estremo del tutto sconosciuto ai consiglieri americani, e che non era stato (e fu pagata cara questa cecità) nemmeno considerato; eppure era nella storia, e anche nei fatti molto recenti. Ma anche noto questo fenomeno in tutti i trattati  della psicologia delle masse, delle nazioni, dei paesi, perfino nei trattati delle belve o delle formiche. Quando ci sono delle divergenze interne, anche le più estreme, se si è attaccati da un nemico esterno, si dimenticano le beghe interne  e ci si unisce per difendere il proprio territorio. E in Vietnam avvenne proprio questo semplice fatto comportamentale.

 

Nei cieli la potenza americana si era manifestata con i giganteschi B-52 che avevano raso al suolo città e paesi; con le navi che avevano vomitato fuoco sulle coste; e con gli elicotteri che per la prima volta impiegati su larga scala seminarono la morte volando rasoterra vomitando milioni di litri di erbicidi, di defolianti nelle foreste o sganciando le famigerate bombe al Napalm: veri mari di fuoco che bruciavano i modesti villaggi e i paesi in un istante.

Grandi armi e grandi tecnologie letteralmente nel fango e nella polvere, contro piccoli battelli e contro una micidiale lotta partigiana nella boscaglia, con un nemico sfuggente e risoluto che mise in crisi tutte le strategie della guerra moderna. Lo scontro di Ho Chi Min fu uno scontro di Davide e Golia.

 

Fu una cocente sconfitta della politica Usa, quando la stessa opinione pubblica americana volle ad ogni costo che si abbandonassero al loro destino i vietnamiti. Era una guerra che non li riguardava. Ma questo disimpegno fu rimandato per oltre dieci anni.

 

Il 30 aprile del 1975 gli americani tornarono a casa, dopo aver provocato una Apocalisse. In patria li accolsero persino con fastidio, furono considerati dopo alcune terribili testimonianze, tutti assassini, dei drogati e li emarginarono; perfino coloro che erano ritornati mutilati. Insomma provarono anche gli americani quello che provarono i soldati italiani nel 1918, e poi ancora nel 1945 quando tornarono a casa; furono commiserati, emarginati, rimproverati, dimenticati.

 

Ma ritorniamo alla presenza di Paolo VI all'ONU. è una "voce" la sua che sgorga dal cuore, è accorata, come una preghiera, e quasi singhiozzando e la rivolge ai potenti di tutto il pianeta che sono davanti a lui. Le intenzioni sono quelle di fermare l'escalation della guerra in Vietnam, che sta indignando tutti i popoli, che ritengono l'offensiva americana un'aggressione pretestuosa, dai connotati imperialistici, violenta e mostruosa contro un giovane popolo che cercava dopo un periodo colonialista francese una sua propria indipendenza anche se con un pò di animosità interna secessionistica, comune a tutti i Paesi, quando una parte sta bene e l'altra diventa una "zavorra".

 

Purtroppo la "preghiera" del Papa non servì a nulla; mentre Paolo VI parlava, il suo stesso cardinale Spellmann benediceva le armate e i 360 mila giovani in partenza. In Italia dove diventarono sempre più numerose le manifestazioni contro la guerra in Vietnam al grido di Ho Chi Minh, una corrente cattolica contesta Paolo VI; e alcune comunità interrompono le prediche nelle chiese per chiedere un contraddittorio con chi sta celebrando la messa accusandolo di ambiguità nel predicare la pace a parole ma non con dei fatti.

 

Qualche curato chiama i carabinieri, ma non basta per fermare un dissenso sempre più diffuso nell'ambiente cattolico. Nè basterà l'Enciclica “Populorum progressio” che Paolo VI diffonderà nel '67, dove denuncerà i "misfatti", le "conseguenze negative" del vecchio (ora rispuntato) neocolonialismo, e la inutile sanguinosa e mostruosa guerra.

C'è dunque disagio nelle fila dei giovani, sia in quelle di sinistra che in quelle cattoliche e perfino i giovani seminaristi contestano il Papa con una lettera pubblica, senza mezzi termini: "crediamo che nulla possa giustificare questa guerra, tanto più che i potenti si dichiarano cristiani" (ma ritorneremo su questo dissenso cattolico nei prossimi due anni, che sono, in Italia e nel resto del mondo; due preludi al '68).

 

30 OTTOBRE - Si vota alla Camera la legge sui patti agrari e l'abolizione della mezzadria. Una ventata che più che apportare un miglioramento produttivo, qualitativo e strutturale, era anche di giustizia sociale, che permise a molti mezzadri di avere una buonuscita ricevendo in cambio non soldi ma un pezzo di terra dove lui e la sua precedente generazione su quella terra aveva piegato la schiena. Infatti molti terreni di latifondisti o di enti comunali di assistenza, di cui molti religiosi, furono presto alienati, ma i migliori andarono ai grandi gruppi, intenti a concentrare le produzioni meccanizzate.

 

Quando andò bene, si verificò il paradosso, alcuni mezzadri che avevano lavorato come animali quella terra per una intera vita si ritrovarono in certi casi possessori di cento ettari ma senza una lira in tasca per acquistare un mezzo meccanico. Salvo qualche intraprendente, che messa da parte l'atavica fobia contadinesca dei debiti e l'angoscia delle banche, si avventurò nel dedalo dei contributi statali o nel più difficile percorso dei finanziamenti. Naturalmente tutto aveva un "prezzo":  l'appartenenza a qualche corrente politica "tutelare", che in maggioranza era "bianca".

In alcune sacche del Paese dove invece il "colore" era "rosso", non si persero nemmeno loro d'animo, nacquero le "cooperative rosse". Ma come appureremo negli anni '90, anche queste ambiguamente avevano oltre che un "padrino" rosso, anche un "padrino" dai colori variegati. ("Pagavamo anche i comunisti per non avere seccature con le contestazioni- processo di Tangentopoli 1992-Maxitangente Enimont-Ferruzzi")

 

5 DICEMBRE – L’uomo alle volte è irruente e irriverente, bacchettone e austero, sembra il bastian contrario della politica economica, ma UGO LA MALFA combatte per il contenimento della spesa pubblica e nello stesso tempo intende frenare i consumi opulenti, adottare una nuova politica di controllo dei redditi per riequilibrare i conti. è sempre impopolare, ma da come andranno le cose, un pò aveva ragione. Da tre anni ha preparato delle note sulla situazione economica del Paese con una chiara visione delle anomalie dello sviluppo, la disordinata industrializzazione, le congestione di questa nelle zone, la caotica migrazione; che non è solo dovuta al sud, ma proviene anche dalle campagne del nord e invade le città. Ma soprattutto - va dicendo La Malfa - che si beneficiano troppo i consumi opulenti sacrificando i consumi essenziali, che generano solo l'impressione che la società si arricchisce, ma in realtà non marcia affatto verso un progresso sociale e civile, tanto meno in quello economico.

 

Addirittura il divario tra agricoltura ed industria negli ultimi dieci anni è aumentato, e se la prima sta diventando una necessità, la seconda inizia a provocare danni irreparabili con lo spopolamento e l'abbandono della terra, non più redditizia nè per il  proprietario nè per il salariato. Competere con i prodotti di importazione con solo la vanga in mano non è difficile: è impossibile.

 

Di 2.416.000 proprietari (!) terrieri e 1.054.000 in affitto, 1.237.000 hanno un'azienda (!!!!) agricola di 1 ettaro (Cioè poco più di un orto) e 1.581.000 aziende arrivano appena a 5 ettari. Possiedono in tutto, in questo 1965, solo 377.000 trattori. E, tolte le 240.000 aziende che superano i 10 ettari, dove sono concentrati i mezzi di produzione, pari a 1 trattore per ogni azienda, nelle rimanenti, solo una azienda agricola su 17 possiede un trattore. 1 trattore ogni 68 ettari in Italia, in Germania 1 ogni 8 ettari.

5,1 milioni di addetti all'agricoltura producono un reddito nazionale del 15%

7,7 milioni di addetti all'industria producono un reddito nazionale del 63%

 

Ma gli italiani possiedono già 5.472.000 automobili e 5.480.000 di televisori!

 

Bisogna scalare una marcia, il percorso dell'economia italiana sta andando in salita, inoltre in alcuni tornanti burocratici, quando il carrozzone pieno di finanziamenti rallenta, c'è gente che ne approfitta per salire a bordo a saccheggiare il carico di quegli aiuti tanto necessari alle piccole aziende, per dirottarle nella grande impegnata nei prodotti di consumo nazionalpopolari

 

Di essere dotato di un alto senso dello Stato, La Malfa lo dimostra in due casi, nel 1965: nel "caso Trabucchi" del 24 giugno, affermando a chiare lettere di ritenere "pericoloso per le istituzioni repubblicane e per il prestigio dello Stato questo verdetto assolutorio"; il 5 dicembre, rasentando lo sdegno nel presiedere la commissione bilancio, protesta polemicamente per le varie leggi e leggine che i deputati della maggioranza presentano, per ottenere i più svariati finanziamenti, tutti mirati ai loro collegi elettorali, a enti, associazioni, club di bocciofili, di canotaggio, o per il salvataggio del passero solitario o per l'incremento dellla coltura del lupino (e non è una barzelletta!), o contributi per la stampa di santini e pubblicazioni parrocchiali, o la manutenzione con i soldi pubblici dei territori di qualche grosso proprietario ecc. ecc. (non siamo ancora arrivati alle industrie, ma l'appetito verrà mangiando"). La Malfa è infuriato: " Siamo in recessione signori, votatevele da voi le leggine dei regali di Natale ai vostri elettori", sbatte la porta e si dimette clamorosamente.

 

17 DICEMBRE - Rimarrà sempre un mistero cosa avvenne, il 17 dicembre 1965, in America. FANFANI, sia come ministro degli Esteri italiano che come Presidente dell'ONU, aveva trovato, assieme a La PIRA, una felice soluzione per il Vietnam. Un negoziato su alcune concessioni, purché cessassero le distruzioni. Gli americani, come a Berlino, si dimostrarono anche qui ottusamente sordi alle proposte elaborate. Forse non perdonarono a Fanfani di aver corretto, rettificandolo in positivo, il voto contrario che il governo italiano aveva dato all'ammissione della Cina alle Nazioni Unite. E Fanfani paradossalmente,  essendo il ministro degli esteri in carica - quindi andò contro la volontà del governo(!). Del resto, la Cina era quella che gli Usa temevano di più, perché stava appoggiando, in quel momento, il Vietnam del Nord. Uno sgarbo così per principio andava punito, e con questo principio gli americani andarono sempre  più incontro, perfino drammaticamente, alla fine di un "prestigio".  Non arrivarono a farsi massacrare totalmente, si ritirarono appena in tempo dal Vietnam. Ma passarono dieci anni, e fu un disastro politico ed umano.

 

28 DICEMBRE - Alla ribalta ancora FANFANI. A casa sua (ma lui era assente), LA PIRA (nel clima politico sopra accennato), ospite della signora Fanfani, si lascia andare, presente un giornalista del Borghese, ad alcune confidenze. Critica gli americani, critica il governo, critica Moro, e critica anche Paolo VI, sulle evidente discordanze di vedute e di ambiguità per una soluzione pacifica della guerra in  Vietnam. L'intervista il giorno dopo appare integralmente sulla rivista e scatenò  un putiferio.

Fanfani, coerentemente, pur non essendo responsabile delle dichiarazioni di La Pira, si dimette da ministro degli Esteri. Le dimissioni vengono respinte da Moro, ma Fanfani inflessibile, le conferma. Per molti anni non lo vedremo più chiamato ad assumere alcuna carica di governo; fino al 1982.